Articolo tratto dalla rivista online ReteLacan n46
DI INSULTI E SPALLE LARGHE
Mariangela Mazzoni – partecipante SLP
Milano, 26 luglio 2022
In questi giorni la caduta del governo Draghi ha creato grande confusione. Anche se, bisogna dirlo, la confusione c’era già da un po’: il 2022 è partito con la pandemia che provava ad estinguersi ma è proseguito con lo scoppio della guerra in Ucraina.
Il crollo del governo ha dato “il colpo di grazia” ad una situazione già tesa, ma, paradossalmente, i toni di questo caos non sono sembrati così grigi solo perché il caldo estivo – che rimanda anch’esso ad un imminente disastro ambientale – ha fatto percepire meno l’assurdità e l’ipocrisia di una classe dirigente che avrebbe dovuto guidare e che invece, non dando la fiducia “a sé stessa”, porta nuovamente gli elettori alle urne.
In questo caos saltano fuori, come assurdi “raudi” esplosi in aria, delle beghe che poco hanno da insegnare, ma che bucano lo schermo e portano a riflettere. Sono notizie che hanno scarsamente a che fare con quell’ “Andrà tutto bene” o con l’auspicio “Saremo tutti migliori” di cui si blaterava nel primo lockdown.
Ne è un esempio la vicenda di Brunetta e Berlusconi-Fascina, su cui lui stesso si è espresso chiaramente: “…quando c’è una rottura, invece di parlare delle ragioni della rottura subire invettive personali… Mi dicono tappo o nano e ho sofferto su questo, però ho le spalle larghe ma penso a tutti quei bambini e bambini che non hanno avuto la fortuna di essere nati alti…”
Insomma, il rimando all’essere violentato e bullizzato da una vita brucia tanto, ma brucia ancora di più quando coinvolge quelli che il giorno prima si erano chiamati amici.
Cosa lascerà, sembra chiedere ai nostri piccoli e al futuro che loro rappresentano, sentirsi colpiti e feriti sempre da esponenti di quella classe politica che tanto si professa arguta?
Ecco che, per fortuna, torna in aiuto la psicoanalisi: l’insulto è una violenza generata là dove poteva esserci dialettica e confronto.
Tutto chiaro, quindi, e a ciò rimanda anche il discorso del politico Brunetta:
l’insulto è qualcosa che sembra non aver senso se non quello, ultimo, di schiacciare un soggetto nella posizione di oggetto-scarto.
L’insulto rompe il legame e impedisce l’incontro: buca l’Altro. In questo caso è indirizzato a chi ha voluto “tirarsi fuori dal gruppo” stigmatizzandolo.
Per Lacan: «…ciò che si può produrre in una relazione interumana è o la violenza o la parola»1. L’insulto è, dunque, una pietra scagliata con la parola da cui ci si deve, in qualche modo, difendere.
Paradossalmente, oggi più che mai, occorre fare buon uso della parola per contrapporsi alla violenza, come sostiene Monica Vacca nell’editoriale della rivista AL n. 27 intitolato, appunto, “Violenza”.
Freud stesso, molto prima, a proposito dell’insulto diceva: “L’ uomo civile ha barattato una parte della sua possibilità di felicità per un po’ di sicurezza”2. Intendeva riflettere sul fatto che l’uomo primordiale, pur di vivere in gruppo per sua maggiore tutela, era passato all’uso della parola anche nei conflitti, attraverso l’offesa verbale.
Mi colpisce che negli stessi giorni si possa leggere una lettera inviata al Corriere: La scrive una ragazzina di 13 anni che racconta di “sentirsi diversa” dai coetanei tredicenni perché non è sempre con il naso negli smartphone, ama guardarsi in giro e godere della natura e questo produce negli altri spesso delle incomprensioni3. Talvolta può sentirsi esclusa dal mondo dei coetanei ma è lei che li invita a provare ad entrare nel suo quotidiano e provare una esperienza diversa. La ragazzina a mio avviso ha le “spalle larghe”.
Si tenta di superare la violenza con la parola.
Oggi le nuove generazioni ci provano. Fanno esse stesse “politica”. Mostrano come lavorare per “la polis”. I ragazzi sono cambiati.
Fragilità e insicurezze si esprimono con maggiore chiarezza, si può inanellare un discorso che non sia solo insulto, ma tentativo di incontro.
Si ha meno paura di esporsi e dire la propria, di parlare, di argomentare e provare a creare legami.
Cosa farcene, quindi, di questo insulto? Come far capire agli uomini politici che la politica è altra cosa e che, come diceva Aristotele, “L’uomo è per natura un animale politico” e, in quanto tale, portato per natura a unirsi ai propri simili per formare delle comunità?
Come far comprendere che altre sono le modalità vincenti che aprono al medesimo fine, ma attraverso il dialogo e la democrazia?
Forse un insegnamento può sempre arrivare dallo scontro tra Davide e Golia: poco serve a quest’ultimo l’essere fisicamente superiore, se non a mostrarsi ridicolo quando insulta dal luogo in cui si è arroccato sentendosi assurdamente forte: l’esito della vicenda riconosce il valore di altre “grandezze”.
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[1] J. Lacan (1957-1958), Il seminario. Libro V. Le formazioni dell’inconscio, Einaudi, Torino, 2004, p. 470.
[2] S. Freud (1929), Il disagio della civiltà, Bollati Boringhieri, Torino, 1989.
[3] Approfondimento tratto dal quotidiano, Il Corriere, del 24-07-2022, Milano.



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